Un buon motivo per tenere la contabilità

Un buon motivo per tenere la contabilità

Come noto, la società semplice agricola non è obbligata a tenere la contabilità, infatti, ai sensi dell’articolo 2214, cod. civ., tale obbligo attiene ai soli imprenditori esercenti un’attività commerciale.

Tuttavia, se questo poteva valere per il passato, adesso, alla luce delle modifiche apportate all’articolo 2086, cod. civ., appare evidente la necessità di tenere un minimo di contabilità non essendo più sufficiente prevedere quella Iva.

L’articolo 2086 cod. civ., infatti, adesso stabilisce che “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Ecco che allora, rimandando ad altri interventi l’analisi degli aspetti legati all’assetto organizzativo e amministrativo, qui si evidenzia come la tenuta della contabilità necessiti in tutte le ipotesi in cui la valutazione del patrimonio assume i connotati di essenzialità per il rispetto complessivo delle norme sulla prevenzione della crisi d’impresa e sull’adozione delle misure di composizione.

Ma, a bene vedere, ancor prima della riforma che ha portato alla modifica dell’articolo 2086, cod. civ., si riteneva utile prevedere una contabilità seppur minima in quanto essa poteva e può rappresentare un utile strumento di difesa in presenza di accertamenti quali possono essere quelli sintetici cui può essere sottoposto l’imprenditore agricolo che seppur produttore di un reddito fondiario non ne è immune.

In tal senso depone, ad esempio, il recentissimo arresto della Suprema Corte di Cassazione (ordinanza n. 19290/2020) per cui “Ai sensi dell’articolo 38, D.P.R. 600/1973, e del D.M. 21 luglio 1983, l’Amministrazione delle finanze può legittimamente procedere con metodo sintetico alla rettifica della dichiarazione dei redditi di un coltivatore diretto, comprensiva soltanto del reddito agrario e dominicale – determinati in base agli estimi catastali – del fondo da lui condotto, quando da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente (consistenti negli indici di spesa più vari), si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l’imponibile complessivo, incombendo, in tal caso, al contribuente, a norma del comma 6 dell’articolo 38, D.P.R. 600/1973, l’onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate (cfr. sentenza n. 19557/2014).”.